La Candida è un microrganismo ubiquitario che fa parte della normale flora microbica dell’essere umano. In condizioni fisiologiche, vive in equilibrio con il microbiota cutaneo e mucosale, senza causare sintomi. Tuttavia, in presenza di fattori predisponenti o alterazioni dell’ambiente mucosale, può proliferare in modo eccessivo e diventare patogena, provocando infezioni note come candidosi.
Cos’è la Candida?
La Candida è un genere di lieviti appartenente al phylum Ascomycota, che include diverse specie capaci di convivere con l’organismo umano in modo del tutto fisiologico. Tra le più comuni troviamo Candida albicans, Candida glabrata, Candida tropicalis, Candida parapsilosis e Candida krusei. Questi microrganismi colonizzano normalmente la cute, la bocca, il tratto gastrointestinale, il sistema genito-urinario e, in alcuni casi, anche le vie respiratorie superiori.
In condizioni di equilibrio, la Candida vive in simbiosi con il nostro corpo, mantenuta sotto controllo dal sistema immunitario e dalla competizione con altri microrganismi del microbiota. Questo stato di “commensalismo” è il risultato di un’interazione evolutiva tra il fungo e l’ospite, che consente alla Candida di trarre nutrimento senza causare danni.
Tuttavia, quando questo equilibrio viene alterato — ad esempio a causa di disbiosi intestinale, uso prolungato di antibiotici, stress, cambiamenti ormonali o immunodepressione — la Candida può proliferare in modo eccessivo. In queste circostanze, il lievito può trasformarsi in una forma più aggressiva, filamentosa, capace di aderire e penetrare nei tessuti, dando origine a infezioni localizzate o sistemiche. Questo passaggio da commensale a patogeno è uno dei meccanismi chiave nella genesi della candidosi, una condizione che può manifestarsi in diverse sedi e con sintomi variabili.
Le forme cliniche di candidosi includono:
- Candidosi mucosale: orale (mughetto), esofagea, vaginale.
- Candidosi cutanea: intertrigine, onicomicosi.
- Candidosi invasiva: candidemia, endocardite, meningite, osteomielite.
Epidemiologia e Incidenza
La candidosi è una delle infezioni fungine più diffuse a livello globale. La sua incidenza varia notevolmente in base alla sede dell’infezione, all’età del paziente e al suo stato immunitario. Le forme più comuni sono quelle mucosali, come la candidosi vaginale e orale, mentre le forme invasive rappresentano una minaccia più seria, soprattutto in ambito ospedaliero.
Diffusione nei vari gruppi della popolazione
Secondo i dati del CDC, negli Stati Uniti si registrano ogni anno circa 25.000 casi di candidemia, una forma invasiva che colpisce il sangue. La mortalità ospedaliera associata a questa condizione può superare il 30%, rendendola una delle infezioni fungine più letali.
Le forme mucosali sono molto più frequenti e generalmente meno gravi. Si stima che circa il 75% delle donne sperimenti almeno un episodio di candidosi vaginale nel corso della vita. La candidosi orale, nota anche come mughetto, è comune nei neonati, negli anziani e nei pazienti immunocompromessi, come quelli affetti da HIV, sottoposti a chemioterapia o trapianto.
Le forme invasive, come la candidemia e la candidosi disseminata, si osservano prevalentemente in pazienti ospedalizzati, immunodepressi o sottoposti a procedure invasive. Tra i principali fattori di rischio si annoverano l’uso di cateteri venosi centrali, la nutrizione parenterale, la chirurgia addominale, la neutropenia e l’uso prolungato di antibiotici ad ampio spettro.
In ambito ospedaliero, la candidosi invasiva rappresenta una sfida clinica importante: circa il 30% dei casi si verifica in terapia intensiva, con una mortalità che può raggiungere il 50% nei pazienti più fragili.
Fattori di rischio
La transizione della Candida da commensale a patogeno è favorita da molteplici fattori:
- Immunosoppressione: HIV/AIDS, neoplasie, trapianti, terapie immunosoppressive.
- Terapie antibiotiche: l’uso prolungato di antibiotici ad ampio spettro altera il microbiota e favorisce la crescita fungina.
- Diabete mellito: l’iperglicemia favorisce l’adesione e la proliferazione di Candida spp. sulle mucose.
- Stress e alterazioni ormonali: gravidanza, contraccettivi orali, menopausa.
- Dispositivi medici invasivi: cateteri venosi centrali, nutrizione parenterale, ventilazione meccanica.
- Igiene e stile di vita: uso di indumenti sintetici, detergenti aggressivi, abitudini sessuali non protette.
Tipi di candidosi
La candidosi è un’infezione fungina causata da microrganismi del genere Candida, che può manifestarsi in diverse forme cliniche a seconda della sede dell’infezione, dello stato immunitario dell’ospite e della specie coinvolta. Sebbene Candida albicans sia la più comune, altre specie come C. glabrata, C. tropicalis, C. parapsilosis e C. krusei possono causare quadri clinici distinti, talvolta più resistenti ai trattamenti convenzionali.
Le principali tipologie di candidosi includono:
Candidosi vaginale, una delle forme più frequenti, che colpisce circa il 75% delle donne almeno una volta nella vita. Si manifesta con prurito, bruciore e secrezioni biancastre, ed è spesso legata a squilibri ormonali, uso di antibiotici o alterazioni del microbiota vaginale.
Candidosi intestinale, meno riconosciuta dalla medicina tradizionale ma sempre più studiata, è associata a sintomi gastrointestinali come gonfiore, diarrea, stanchezza cronica e disbiosi. In alcuni casi, può essere parte di una sindrome da sovracrescita micotica (SIFO), con implicazioni sistemiche.
Candidosi sistemica, o invasiva, rappresenta la forma più grave. Può coinvolgere il sangue (candidemia), il cuore (endocardite), il sistema nervoso centrale (meningite) e altri organi. È frequente nei pazienti immunocompromessi, ospedalizzati o sottoposti a terapie invasive, e richiede trattamenti antifungini mirati e tempestivi.
Ogni forma di candidosi presenta meccanismi patogenetici specifici, che dipendono dall’interazione tra il fungo e il sistema immunitario dell’ospite. La diagnosi precoce e l’identificazione della specie coinvolta sono fondamentali per impostare una terapia efficace, che può includere antifungini sistemici, probiotici, modifiche dello stile di vita e strategie di prevenzione personalizzate.
Candidosi Vaginale
La candidosi vaginale, nota anche come candidosi vulvovaginale, è una delle infezioni micotiche più comuni tra le donne in età fertile. È causata principalmente da Candida albicans, un lievito che vive normalmente nel microbiota vaginale, ma che può proliferare in modo patologico in presenza di squilibri locali o sistemici. Si stima che circa il 75% delle donne sperimenti almeno un episodio nella vita, e fino al 9% soffra di forme ricorrenti (RVVC).
Sintomi principali
I sintomi della candidosi vaginale possono variare in intensità, ma includono tipicamente:
- Prurito intenso e bruciore nella zona vulvo-vaginale.
- Secrezioni vaginali dense, bianche e inodori, simili alla ricotta.
- Arrossamento, gonfiore e dolore della vulva.
- Dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali).
- Bruciore durante la minzione (disuria)
L’impatto sulla qualità della vita è significativo, soprattutto nelle forme recidivanti, con ripercussioni su benessere sessuale, autostima e comfort quotidiano.
Meccanismi di alterazione della flora vaginale
La vagina è normalmente colonizzata da Lactobacillus spp., che mantengono un pH acido (<4.5) e producono composti antimicrobici. La candidosi insorge quando si verifica una dismicrobismo vaginale, con riduzione dei lattobacilli e proliferazione di Candida spp..
Cause e fattori predisponenti
La crescita eccessiva della Candida può essere favorita da diversi fattori:
- Uso prolungato di antibiotici, che alterano il microbiota vaginale eliminando i lattobacilli protettivi.
- Squilibri ormonali, come quelli legati alla gravidanza, al ciclo mestruale o all’uso di contraccettivi orali.
- Diabete mellito, soprattutto se non ben controllato.
- Sistema immunitario indebolito, per patologie o terapie immunosoppressive.
- Stress psico-fisico, che può influenzare la risposta immunitaria.
- Abitudini igieniche scorrette o uso di prodotti intimi aggressivi.
- Indumenti troppo stretti o sintetici che creano un ambiente caldo-umido favorevole alla proliferazione fungina.
La transizione da commensale a patogeno è mediata da virulenza fenotipica, come la formazione di ife, biofilm e secrezione di candidalisina.
Candidosi Intestinale
Relazione con l’alimentazione e lo stile di vita
La candidosi intestinale è una condizione ancora dibattuta nella medicina convenzionale, ma sempre più riconosciuta e studiata nell’ambito della nutrizione clinica e della medicina funzionale. Si tratta di una sovracrescita patologica del lievito Candida, in particolare Candida albicans, all’interno del tratto gastrointestinale.
In condizioni fisiologiche, Candida albicans è parte integrante del micobiota intestinale, ovvero la componente fungina del microbiota. Vive in equilibrio con i batteri benefici, contribuendo alla diversità microbica e alla regolazione immunitaria locale. Tuttavia, questo equilibrio è fragile e può essere compromesso da una serie di fattori ambientali e comportamentali.
Fattori alimentari associati alla candidosi intestinale
L’alimentazione gioca un ruolo cruciale nella genesi, nel mantenimento e nella risoluzione della candidosi intestinale. La Candida albicans, come altri lieviti, si nutre principalmente di zuccheri semplici e carboidrati raffinati, che rappresentano il substrato ideale per la sua proliferazione. In presenza di una dieta sbilanciata, il micobiota intestinale può perdere il suo equilibrio, favorendo la crescita eccessiva del fungo.
Alimenti che favoriscono la crescita della Candida
Diversi alimenti possono creare un ambiente favorevole alla Candida:
- Zuccheri semplici: dolci, bevande zuccherate, miele, frutta molto zuccherina.
- Carboidrati raffinati: pane bianco, pasta non integrale, prodotti da forno industriali.
- Alcolici: vino, birra e superalcolici si trasformano in zuccheri nel corpo.
- Lieviti e prodotti fermentati industriali: pane lievitato, pizza, formaggi stagionati.
- Cibi conservati e processati: insaccati, snack confezionati, cibi ricchi di additivi.
- Latte vaccino e derivati: possono alterare il microbiota e favorire l’infiammazione.
Sintomi poco specifici e difficoltà diagnostiche
La candidosi intestinale è una condizione che si manifesta con una sintomatologia aspecifica, spesso sovrapponibile a quella di altre patologie gastrointestinali come la sindrome dell’intestino irritabile (IBS), la disbiosi, le intolleranze alimentari o il malassorbimento. Questa sovrapposizione rende la diagnosi particolarmente complessa, portando spesso a sottovalutare o confondere il quadro clinico.
Sintomi principali
I sintomi della candidosi intestinale possono coinvolgere sia l’apparato digerente che il benessere generale e neurocognitivo. Tra i più comuni:
- Gonfiore addominale persistente, spesso peggiorato dopo i pasti.
- Meteorismo e flatulenza, legati alla fermentazione eccessiva da parte della Candida.
- Alterazioni dell’alvo, con alternanza tra diarrea e stitichezza.
- Stanchezza cronica, che non migliora con il riposo, spesso associata a malassorbimento e intossicazione da metaboliti fungini.
- Sensazione di “nebbia mentale” (brain fog), con difficoltà di concentrazione, memoria offuscata e sonnolenza postprandiale.
- Desiderio compulsivo di zuccheri e carboidrati, che alimentano la crescita della Candida.
- Prurito anale, eruzioni cutanee o sintomi sistemici come febbricola e brividi.
Diagnosi differenziale
La difficoltà diagnostica nasce dal fatto che questi sintomi sono comuni a molte condizioni:
- IBS: crampi, alvo alterno, gonfiore.
- Disbiosi: fermentazione anomala, intolleranze alimentari.
- SIBO/SIFO: sovracrescita batterica o fungina nel piccolo intestino.
- Intolleranze alimentari: reazioni a glutine, lattosio, istamina.
- Stress cronico: impatto sul sistema nervoso enterico e immunitario.
In assenza di criteri diagnostici univoci, la candidosi intestinale viene spesso diagnosticata per esclusione, attraverso anamnesi dettagliata, test microbiologici (coprocoltura, tamponi rettali), valutazione del microbiota e, in alcuni casi, esami endoscopici con biopsia.
La diagnosi è complessa:
- Esami colturali fecali → spesso non discriminano colonizzazione da infezione
- Test molecolari e micotici → ancora poco diffusi
- Valutazione clinica e nutrizionale → fondamentale per impostare il trattamento
La gestione si basa su modulazione dietetica, probiotici selezionati, fitocomplessi antifungini e supporto immunitario.
Candidosi sistemica
Una condizione grave: caratteristiche cliniche e gestione ospedaliera
La candidosi sistemica (o invasiva) è una condizione potenzialmente letale, che colpisce pazienti ospedalizzati, immunocompromessi o sottoposti a terapie invasive. Le forme principali includono:
- Candidemia → infezione fungina del sangue
- Candidosi disseminata → coinvolgimento di organi profondi (reni, fegato, retina, SNC)
- Candidosi peritoneale o intra-addominale → post-chirurgica o da perforazione intestinale
Sintomi clinici:
- Febbre persistente non responsiva agli antibiotici
- Segni di sepsi e instabilità emodinamica
- Alterazioni neurologiche, visive o renali
- Positività emocolture per Candida spp.
Diagnosi
La diagnosi della candidosi sistemica rappresenta una delle sfide più complesse in ambito infettivologico e ospedaliero. La difficoltà nasce dalla natura subdola e aspecifica dei sintomi, dalla lentezza dei metodi tradizionali e dalla necessità di intervenire precocemente per ridurre la mortalità, che può superare il 40% nei pazienti critici.
Emocolture
Le emocolture rappresentano il metodo diagnostico di riferimento per la candidemia. Tuttavia:
- Hanno una sensibilità limitata (50–70%).
- Richiedono tempi di positivizzazione di 48–72 ore, spesso troppo lunghi per pazienti instabili.
- Possono risultare negative anche in presenza di infezione disseminata, soprattutto se il paziente è già in terapia antimicrobica.
Per aumentare l’accuratezza, le linee guida raccomandano:
- Prelievi multipli da siti diversi.
- Volume adeguato di sangue (almeno 60 ml in adulti).
- Tempistiche ravvicinate tra i prelievi (entro 30 minuti).
Biomarcatori fungini
BDG e mannan
I biomarcatori sierologici come il β-D-glucano (BDG) e la mannan sono strumenti utili per la diagnosi precoce:
- Il BDG è un componente della parete cellulare fungina, rilevabile nel sangue in caso di infezione invasiva.
- Ha una sensibilità elevata (fino all’85%), ma può dare falsi positivi (uso di antibiotici, garze chirurgiche, immunoglobuline).
- La mannan è più specifica ma meno sensibile.
Questi test sono particolarmente utili nei pazienti ad alto rischio, come quelli in terapia intensiva, e devono essere interpretati nel contesto clinico.
Diagnostica molecolare: PCR su siero
Le tecniche molecolari, come la PCR in tempo reale (RT-PCR), stanno rivoluzionando la diagnosi della candidosi invasiva:
- Permettono la rilevazione diretta del DNA fungino nel sangue o in altri fluidi biologici.
- Offrono rapidità, elevata sensibilità (fino all’83%) e possibilità di tipizzazione della specie (es. C. albicans, C. glabrata, C. tropicalis).
- Sono particolarmente efficaci se associate a biomarcatori e emocolture.
Imaging e valutazioni specialistiche
In caso di sospetta disseminazione, è fondamentale:
- Imaging diagnostico (TAC, RMN, ecografia) per localizzare focolai in organi profondi.
- Valutazione oftalmologica per escludere endoftalmite fungina.
- Biopsie e colture da siti infetti (peritoneo, liquor, BAL) per confermare la diagnosi.
Linee guida aggiornate
Le linee guida internazionali (Lancet Infectious Diseases, 2025) sottolineano l’importanza di:
- Integrare metodi colturali, sierologici e molecolari.
- Agire tempestivamente, anche in assenza di conferma microbiologica.
- Adottare protocolli ospedalieri standardizzati per il prelievo, la gestione dei campioni e l’inizio della terapia antifungina
Diagnosi della Candidosi
La diagnosi della candidosi richiede un approccio integrato che combini l’osservazione clinica con tecniche microbiologiche e molecolari. La varietà delle manifestazioni cliniche e la presenza di Candida spp. come commensale rendono necessaria una valutazione accurata per distinguere colonizzazione da infezione attiva.
Diagnosi clinica
Osservazione dei sintomi e anamnesi dettagliata
La diagnosi clinica si basa sull’identificazione dei segni e sintomi caratteristici, associati a una raccolta anamnestica completa. I sintomi variano in base alla sede dell’infezione:
- Candidosi vaginale: prurito, bruciore, leucorrea biancastra, dispareunia.
- Candidosi orale: placche biancastre, dolore, disfagia.
- Candidosi cutanea: rash eritematoso, macerazione, lesioni satelliti.
- Candidosi intestinale: gonfiore, meteorismo, alterazioni dell’alvo.
- Candidosi sistemica: febbre persistente, segni di sepsi, disfunzione multiorgano.
L’anamnesi deve indagare terapie antibiotiche o immunosoppressive recenti, presenza di patologie croniche (diabete, neoplasie, HIV), dispositivi medici invasivi (cateteri, protesi), stile di vita, dieta, stress, igiene intima.
Secondo UpToDate (2024), la valutazione clinica è essenziale per orientare la scelta degli esami microbiologici e per distinguere candidosi superficiali da forme invasive.
Diagnosi microbiologica
Colture, esami molecolari e marcatori
La conferma diagnostica richiede l’identificazione del microrganismo mediante tecniche di laboratorio. Le principali metodologie includono:
Colture micologiche
Campioni: tampone vaginale, orale, cutaneo, feci, sangue, urina.
Terreni: Sabouraud Dextrose Agar, CHROMagar™ Candida per differenziazione cromogenica.
Limiti: la sola positività colturale non distingue colonizzazione da infezione attiva.
Esami molecolari
PCR: amplificazione di regioni ITS1-5.8S-ITS2 per identificazione rapida e specifica delle specie di Candida.
PCR-RFLP: utile per distinguere specie non albicans con profili di resistenza differenti.
Sequenziamento: conferma definitiva in casi complessi o invasivi.
Marcatori fungini
β-D-glucano: polisaccaride presente nella parete fungina, utile nella diagnosi di candidosi invasiva.
Mannan e anti-mannan: antigeni e anticorpi specifici per Candida spp., impiegati in test ELISA.
Limiti: sensibilità e specificità variabili, utili in combinazione con altri test.
Imaging e endoscopia
Endoscopia digestiva: utile nella candidosi esofagea.
Imaging toracico o addominale: nei casi di candidosi disseminata o peritonite fungina.
Ecco una tabella comparativa delle principali tecniche diagnostiche della candidosi, utile per valutare vantaggi, limiti e contesto di utilizzo. I dati sono basati su fonti scientifiche accreditate e pratiche cliniche consolidate.
Tecniche diagnostiche nella candidosi
Metodo diagnostico | Descrizione | Vantaggi | Limiti | Contesto d’uso |
Esame clinico/anamnesi | Osservazione dei sintomi e raccolta dati anamnestici | Rapido, non invasivo, primo step diagnostico | Non specifico, può confondere colonizzazione e infezione | Tutti i contesti |
Coltura micologica | Crescita su terreni selettivi (es. CHROMagar, Sabouraud) | Identificazione della specie, economico | Non distingue colonizzazione da infezione attiva | Vaginale, orale, cutanea |
PCR fungina | Amplificazione del DNA specifico di Candida spp. | Alta sensibilità e specificità, rapido | Costi elevati, non sempre disponibile | Infezioni invasive o atipiche |
β-D-glucano sierico | Marker della parete fungina circolante | Utile in candidosi sistemica, screening precoce | Falsi positivi con altri funghi o antibiotici | Candidemia, pazienti ospedalizzati |
Mannan/anti-mannan | Test ELISA antigenico/anticorpale | Complementare ai marcatori fungini | Sensibilità variabile, serve in combinazione | Diagnosi invasiva precoce |
Endoscopia | Visualizzazione diretta di lesioni fungine (es. esofago) | Diagnosi visiva immediata | Invasiva, richiede sedazione o preparazione | Candidosi esofagea |
Imaging TAC/RM | Identificazione di focolai profondi fungini | Supporto alla diagnosi disseminata | Bassa specificità, utile solo in fase avanzata | Candidosi viscerale, meningite |
La corretta identificazione della specie è fondamentale per la scelta terapeutica, poiché la sensibilità agli antifungini varia tra le diverse Candida spp..
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